Burnout (stress da lavoro): cause, sintomi, cura
Burnout: stressato da lavoro? Ecco la nostra guida 🔥🤯
Immagina di svegliarti ogni mattina con la sensazione che quello che stai per fare, ossia andare al lavoro, ti prosciughi ogni goccia di energia.
No, non si tratta solo di una brutta giornata o di una settimana pesante; è come se ogni aspetto del tuo lavoro avesse iniziato a pesarti, lasciandoti svuotato, frustrato e disconnesso da ciò che una volta ti appassionava.
Se queste parole ti suonano familiari, potresti essere uno dei tanti lavoratori che sperimentano il burnout: una condizione purtroppo diffusa ma spesso ancora sottovalutata, che può avere un impatto significativo sulla salute fisica e mentale, sulle relazioni e sulla soddisfazione lavorativa.
In questo articolo, ci addentreremo nel concetto di burnout, esplorando le sue cause, i segnali da riconoscere e, soprattutto, come affrontarlo e prevenirlo.
Pronto? Pronta? Esploriamo insieme questo argomento e scopriamo come riaccendere la scintilla della tua passione professionale… senza bruciarti.
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COSA TROVERAI IN QUESTO ARTICOLO
- Cos’è il burnout
- I sintomi del burnout
- Le cause del burnout
- La diagnosi di burnout
- Curare il burnout: trattamenti e interventi
- Conclusione: vuoi fare il prossimo passo con noi?
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1) Cos’è il burnout
Il termine “burnout”, di origine anglosassone, significa letteralmente “bruciato”, “esaurito”, “scoppiato”: termini che danno chiaramente l’idea di tutto ciò che contraddistingue l’esperienza di chi vive questa dolorosa condizione.
Si tratta di una condizione di “esaurimento”, di carattere psicofisico ed emotivo, che insorge in seguito ad una situazione di stress lavorativo cronico.
La origini del burnout
Originariamente identificato negli Stati Uniti negli anni ’70, il concetto di burnout è stato introdotto da ricercatori come Herbert J. Freudenberger e Christina Maslach, che lo hanno utilizzato per descrivere nei loro studi gli effetti dell’esaurimento legato allo stress lavorativo, soprattutto tra i professionisti del settore sociale e sanitario.
Burnout e professioni d’aiuto
Effettivamente, il burnout si manifesta con particolare frequenza nelle professioni d’aiuto, come medici, infermieri, psicologi, educatori e via dicendo. Coloro che operano in questi settori, oltre a gestire lo stress personale derivante dai ritmi di lavoro, tendono ad “assorbire” il carico emotivo delle persone assistite.
Insomma, laddove si richiede altruismo, mettere i bisogni dell’altro al primo posto, lunghi turni nei quali dare sempre il massimo, occorre mettere in conto una maggiore attenzione a controbilanciare lo stress con attività che potremmo chiamare decongestionanti e che favoriscano il recupero del benessere psicologico, altrimenti quello di “bruciarsi” è un rischio possibile.
2) I sintomi del burnout
Dunque, il burnout è uno stato di esaurimento fisico, mentale ed emotivo dovuto ad una situazione di stress cronico lavorativo. La persona giunge all’esaurimento delle proprie risorse psicofisiche e manifesta una serie di sintomi. Vediamone alcuni.
La triade del burnout: esaurimento, depersonalizzazione, inefficacia
Cristina Maslach, psicologa statunitense e pioniera nella ricerca sul burnout, ha identificato tre dimensioni fondamentali che caratterizzano questa condizione, formando una sorta di triade. Questi elementi riflettono l’interazione complessa tra lo stato emotivo, comportamentale e di auto-percezione di un individuo sotto stress cronico.
1) Esaurimento emotivo
Rappresenta il nucleo dello stress individuale. Le persone si sentono svuotate e incapaci di affrontare ulteriori richieste emotive. Questo esaurimento è spesso il primo segno del burnout, indicando che le risorse personali sono state sovrautilizzate o sono insufficienti rispetto alle richieste esterne.
2) Depersonalizzazione (o cinismo)
Denota un progressivo distacco emotivo e un atteggiamento cinico verso le persone a cui si presta assistenza, i colleghi e il lavoro in generale. Si tratta di un meccanismo di difesa utilizzato per gestire lo stress eccessivo, proteggendo la persona da ulteriori investimenti emotivi. Questo distacco si manifesta attraverso un’indifferenza crescente nei confronti del lavoro e delle persone con cui si entra in contatto.
3) Senso di inefficacia personale
Si riferisce alla percezione di non essere in grado di svolgere efficacemente il proprio lavoro, con una conseguente perdita di fiducia nelle proprie capacità. Il senso di inadeguatezza e la mancanza di realizzazione sono segnali di un avanzato stato di burnout, spesso accompagnati da una diminuzione della produttività e dell’autostima professionale.
3) Le cause del burnout
Ma quali sono le cause del burnout?
Il burnout è una condizione multifattoriale che coinvolge sia variabili individuali (ossia relative alla persona che sperimenta burnout) sia variabili organizzative (che riguardano invece l’ambiente di lavoro in cui la persona è inserita). Approfondiamole di seguito.
Variabili a livello organizzativo
Tre le variabili a livello organizzativo possiamo citare:
- Richieste poco chiare da parte dei responsabili
- Obiettivi impossibili da raggiungere e che richiederebbero più tempo o competenze rispetto a quelle del collaboratore
- Il sentirsi perennemente in urgenza
- Il rischio di gravi conseguenze in caso d’errore
- La totale mancanza di controllo sul processo lavorativo
- La mancanza di riconoscimento
- Una comunicazione carente
- Un compenso inadeguato
- Relazioni conflittuali
- Una cattiva leadership che disorienta i dipendenti
Variabili individuali
Alle variabili organizzative, si affiancano variabili individuali, come:
- Aspettative sul sé molto elevate: imporre a sé stessi standard di successo e produttività troppo elevati, che sono difficili se non impossibili da raggiungere, può portare a sentimenti persistenti di frustrazione e insoddisfazione.
- Eccessiva abnegazione al lavoro: un investimento eccessivo di tempo ed energia nel lavoro, a scapito delle relazioni personali e del tempo libero, aumenta significativamente il rischio di burnout.
- Perfezionismo: spesso confuso con l’atteggiamento di chi ricerca l’eccellenza, è erroneamente considerato in un’accezione positiva. In realtà le persone che tendono al perfezionismo si criticano moltissimo per non riuscire a raggiungere i loro standard impossibili, e spesso rinunciano ancor prima di cominciare per evitare di provare sconforto e senso di frustrazione.
- Pessimismo: porta a vedere il mondo come minaccioso e ad aspettarsi che le cose vadano male. Non permette di vedere il buono in se stessi e negli altri e nemmeno a godere dei meritati successi.
- Sensibilità: per temperamento alcune persone tendono a reagire di più agli stimoli esterni, è una caratteristica presente fin dalla nascita e che porta a consumare energia fisica e mentale più rapidamente. È particolarmente importante esserne consapevoli e può essere molto utile imparare strategie per alleviare la tensione.
Personalità più a rischio di burnout: il modello di Selina Barker
Selina Barker, autrice del libro Burnt Out, ha identificato 4 personalità a rischio di burnout: l’overgiver, l’overdoer, l’overthinker e l’overachiever.
L’overgiver
È la persona alla quale tutti chiedono aiuto perché è sempre disponibile, sempre disposto a spendersi per gli altri. È premuroso e prova forte empatia per il prossimo, ma alla lunga le sue risorse si esauriscono e si sente prosciugato emotivamente. In questo tipo di personalità il burnout si manifesta come esaurimento emotivo perché, anche se dedicarsi gli altri è in genere un atteggiamento gratificante, la continuità della dedizione annulla progressivamente il proprio Sè che deve essere recuperato adottando prioritariamente compiti e attività creative e rilassanti.
L’overdoer
Si identifica con una persona pratica che affronta le sfide quotidiane con facilità ed entusiasmo, è il prodotto di una cultura che premia l’impegno, il progresso, la positività ma che rifugge l’idea della quiete, del riposo. Chi ha questa personalità e soffre di burnout ha assoluto bisogno di crearsi uno spazio per la quiete mentale, disintossicarsi dai dispositivi tecnologi e allontanarsi dalla “prigione” della lista delle cose da fare.
L’overa chiver
Ha generalmente la propria vita sotto controllo poiché è un leader con obiettivi chiari e visioni forti, ma una natura così ambiziosa può scivolare nel burnout perché spesso, da qualche parte nella sua mente, si nasconde una grande paura di fallire e di non essere all’altezza delle sfide. Quando l’eccessivo stress conduce a forme più o meno pesanti di burnout, si devono affrontare crisi di fiducia in se stessi e una inedita confusione su obiettivi e progetti futuri. Ecco allora che diventano momenti di cura attività pratiche che non necessitano di rigide pianificazioni, come passeggiate nella natura o giardinaggio, capaci di distrarre e calmare perché non si presentano traguardi in progress da raggiungere e superare.
L’overthinker
Quando non è sotto stress, l’overthinker è una persona positiva, capace di risolvere ogni tipo di problema, brillante e piacevole. Quando è in burnout la sua concentrazione scompare e i pensieri diventano confusi e assillanti ma spesso, invece di interpretare questi segnali come bisogno di riposare, la mente dell’overthinker continua a “correre” in modo sempre più affannoso. L’attività fisica ma anche giochi ad alta concentrazione che distraggono dai pensieri assillanti, come i puzzle o i sudoku, potranno aiutare ad allentare la tensione.
Il modello di Maslach e Leiter: il burnout come problema del sistema
Chistina Maslach, nel suo nuovo libro “Il benessere sul lavoro” (2023), scritto a 4 mani con Michael Leiter, tira le fila di decenni di studio su questo tema.
Il messaggio principale dei due ricercatori è che il burnout sia da considerarsi un problema professionale causato in percentuale rivelante da fattori strutturali-organizzativi, e non un problema solamente della persona (o addirittura una sua colpa dovuta a incapacità, debolezza o scarso impegno).
Un cambiamento di prospettiva sul burnout
Spesso tendiamo a caratterizzare il burnout come un problema unicamente individuale che il lavoratore dovrebbe risolversi “da solo” facendo psicoterapia, praticando tecniche di rilassamento, insomma… rafforzandosi lui. Ovviamente, un lavoro psicoterapeutico nel caso sussistano condizioni di sofferenza psicologica è da considerarsi importante e necessario. Tuttavia, il burnout deve essere affrontato e gestito anche e soprattutto dall’organizzazione.
4) La diagnosi di burnout
Il burnout, come dicevamo, è una reazione allo stress lavorativo prolungato o cronico, non un disturbo psicologico, quindi non si “diagnostica” nel vero senso della parola.
Non figura nel DSM-5 e, nonostante l’OMS l’abbia inserita nell’International Classification of Diseases, lo ritiene un “fenomeno occupazionale”, ossia appunto lavoro-correlato, e non una condizione medica.
Christina Maslach ha definito il burnout “una sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale”. La stessa Maslach ha contribuito a creare un test, il Maslach Burnout Inventory (MBI), per identificare le principali caratteristiche del burnout nei lavoratori, dichiarando però che non è pensato per la diagnosi di un problema di salute. Il fine del MBI, infatti è quello di presentare ai datori di lavoro una situazione critica per incoraggiarli a creare ambienti più salubri per i dipendenti.
Misurare il burnout: il Maslach Burnout Inventory (MBI)
Il Maslach Burnout Inventory (Maslach e Jackson, 1996) è certamente lo strumento più noto per la valutazione del burnout.
Ognuna delle tre dimensioni del burnout individuate dalla Maslach (Esaurimento emotivo; Depersonalizzazione; Realizzazione Personale) è misurata da una specifica sottoscala.
Ecco alcuni esempi di item del questionario (il questionario ne contiene molti di più):
Esaurimento emotivo
- Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro.
- Mi sento stanco la mattina prima di iniziare la giornata di lavoro.
- Sono frustrato dal mio lavoro.
Depersonalizzazione
- Mi sembra che molti utenti diano la colpa a me per i loro problemi.
- Da quando ho cominciato a lavorare qui sono diventato più insensibile con la gente.
- Mi pare di trattare alcuni utenti come se fossero oggetti.
Realizzazione personale
- Ho realizzato molte cose di valore nel mio lavoro.
- Mi rallegro quando riesco a risolvere i problemi dei miei utenti.
- Mi sento pieno di energie.
Ad ognuno degli item, alla persona è chiesto di attribuire un punteggio secondo questa scala:
- 0 = MAI
- 1 = QUALCHE VOLTA ALL’ANNO
- 2 = UNA VOLTA AL MESE O MENO
- 3 = QUALCHE VOLTA AL MESE
- 4 = UNA VOLTA ALLA SETTIMANA
- 5 = QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA
- 6 = OGNI GIORNO
I risultati vengono interpretati secondo questa griglia:
- un alto grado di burnout è determinato da alti punteggi nelle sottoscale Esaurimento emotivo e Depersonalizzazione e da bassi punteggi nella sottoscala Realizzazione Personale;
- un medio grado di burnout è determinato da punteggi medi nelle tre sottoscale;
- un basso grado di burnout è determinato da punteggi bassi nelle sottoscale Esaurimento Emotivo e Depersonalizzazione e da alti punteggi nella sottoscala Realizzazione personale.
5) Curare il burnout: trattamenti e interventi
Dati e riflessioni preliminari
Un’ampia ricerca condotta dall’Istituto Gallup nel mondo anglosassone ha rivelato che la maggior parte dei lavoratori valuta il proprio lavoro come mediocre o scadente e, a livello globale, l’insoddisfazione risulta ancora più profonda tanto che solo il 20% dei dipendenti ha dichiarato di essere soddisfatto. Questi dati allarmanti suggeriscono che molti percepiscono l’ambiente di lavoro come una fonte di disagio e insoddisfazione.
Nonostante le organizzazioni e i loro manager spesso enfatizzino la sicurezza, il benessere, la formazione e il welfare come qualità dei luoghi di lavoro, emerge un curioso paradosso: l’aumento delle denunce per mobbing, soprusi e bullismo sul luogo di lavoro, anche in professioni ritenute gratificanti e dinamiche.
Questo non significa che non si siano fatti sforzi per migliorare le condizioni lavorative, ma che tali sforzi non sono di fatto sufficienti, soprattutto perché i fattori sociali, economici, politici e la stessa concorrenza estesa a livello globale hanno modellato un contesto lavorativo sempre più stressante e causa di pressioni a volte ingestibili da parte del lavoratore.
Si instaura così un circuito di sofferenza che sfocia nel burnout, fenomeno talmente diffuso ad ogni latitudine da essere riconosciuto nel 2019 dall’OMS che, dall’anno successivo, ha incluso fra i diversi fenomeni che ne sono causa anche la pandemia da COVID-19, che ha obbligato alla chiusura di molti ambienti lavorativi e imposto radicali cambiamenti nelle vite dei lavoratori, spesso senza adeguata preparazione o formazione. Sempre secondo l’OMS, il fenomeno del burnout si realizza quando i fattori di stress cronici sul posto di lavoro “non sono stati gestiti con successo”, se cioè i requisiti previsti in un determinato posto di lavoro non sono in sintonia con le esigenze delle persone che vi lavorano.
Verso la cura del burnout
Di fronte a questo scenario complesso, è fondamentale esplorare le modalità con cui sia le persone che le aziende possono affrontare e curare il burnout.
Prendersi cura del burnout: cosa può fare la persona
Nel caso in cui i segnali di burnout diventino più marcati e sia presente una sensazione di “non riuscire a riprendere fiato” è necessario non ignorare questi segnali e rivolgersi a un professionista. Il percorso in questo caso sarà cucito sulla persona, ma l’apprendimento di tecniche di gestione dello stress e l’impostazione di uno stile di vita più sostenibile secondo quelli che sono i bisogni individuali saranno certamente parte del “viaggio”.
6) Conclusione: vuoi fare il prossimo passo con noi?
Il burnout quando arriva, a volte lentamente, a volte all’improvviso, non lo fa mai delicatamente. Copre ogni cosa di una cupezza che sottrae ogni scintilla di vitalità.
Quando la sindrome da burnout è talmente profonda da provocare sensazioni di impotenza e disperazione, lasciando esausti emotivamente e fisicamente, occorre affidarsi alla psicoterapia per poter riconquistare il bene prezioso di una vita più serena.
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